Coscienza E Teologia
Come dicevamo nel precedente capitolo la coscienza secondo etica, varia con sottili distinzioni che sono proposte dai moralisti riguardo alla coscienza morale, anche se le più importanti per il comportamento umano, si riducono a queste: la coscienza morale che può essere certa se il suo giudizio è esente ad un certo timore di errare; quella probabile se il suo giudizio è insieme ad un certo timore di errare e infine dubbia se invece il suo giudizio è l'incertezza completa.
L'uomo nel suo agire deve seguire, per comportarsi onestamente, la coscienza morale certa; può solo seguire la coscienza morale probabile se il dubbio riguarda l'esistenza della legge che obbliga moralmente e secondo il principio: "Lex dubia non obligat".
Ma non è comunque onesto agire nel dubbio pratico circa il valore dell'azione; ad esempio, in tempo di caccia non è lecito sparare dubitando di uccidere un uomo piuttosto che un animale, secondo il principio: "Idem est in moralibus facere et exponere se periculo faciendi"
Possiamo infine approfondire sottolinenando l'importanza della coscienza in ambito teologico, dove essa rappresenta il giudizio pratico e immediato dell'intelletto alla luce di principi morali generali pronunciati sui singoli atti concreti.
Essa è naturale, se si basa su norme di etica naturale, soprannaturale, se poggia invece sulla legge rivelata da Dio agli uomini.
Rispetto ai principi morali cui si ispira, la coscienza può essere vera, quando il suo giudizio ne differisce e in questo caso sarà incolpevole o colpevole se il soggetto nel giudicare avrà messo o meno la necessaria diligenza.
Nei confronti dell'assenso la coscienza può essere certa o dubbia, e se è certa, può costituire regole vere di moralità per gli atti umani.